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Liberare l'Italia
Fisco
Gli italiani pagano troppe tasse. Qui si spiega come ridurle a partire da lavoro e impresa.

Il problema
L’Italia ha un’elevata pressione fiscale, concentrata soprattutto su lavoro e imprese. Ha inoltre un sistema fiscale inefficiente, che costringe le imprese e le famiglie ad investire notevoli risorse per espletare le formalità fiscali.
Tutto ciò determina uno svantaggio competitivo per il paese, che deprime gli investimenti e quindi la crescita economica, l’occupazione e la produttività.
Le tasse sono infatti inefficienti, con poche eccezioni, perché togliendo risorse a chi le produce riducono gli incentivi a creare, produrre, investire, lavorare. Alcune tasse sono più inefficienti di altre: le imposte dirette in genere più di quelle indirette, quelle sulle transazioni più di quelle sui patrimoni.
L’Italia ha una tassazione sul capitale abbondantemente sopra la media europea. Per l’Eurostat è ai primi posti in Europa, per la Banca Mondiale si piazza al primo posto tra i paesi industrializzati. Le differenze tra le classifiche dipendono dalle definizioni: Eurostat ne riporta tre, a seconda se si considerano o meno le imposte patrimoniali, o se si pone attenzione ai lavoratori autonomi oppure alle società di capitali. Comunque vada, l’Italia è messa molto male, come riportato dalla seguente figura.



L’Italia è anche al primo posto in Europa per la pressione fiscale sul lavoro, soprattutto per gli esosi contributi necessari a finanziare il sistema pensionistico più costoso d’Europa. Anche per questo motivo la spesa pensionistica si rivela un macigno insostenibile per l’economia italiana.



L’Italia è invece sotto la media per l’imposizione sui consumi, soprattutto per via dell’elevato numero di merci soggette a IVA ridotta. La differenza si è probabilmente in parte ridotta per via dell’aumento delle aliquote, ma i dati 2012 non sono ancora disponibili.



La soluzione
La tabella in calce mostra la proposta di riforma del sistema fiscale, da abbinare alla riduzione della spesa pubblica di oltre sei punti di PIL. Non tutti i tagli di spesa si traducono in immediate riduzioni d’imposta a causa dell’elevato debito pubblico che, per essere abbattuto, richiede almeno il mantenimento del pareggio di bilancio in modo strutturale per un lungo periodo di tempo, e possibilmente addirittura di un surplus.
La proposta è di eliminare l’IRAP e ridurre i contributi a carico del datore di lavoro di circa un sesto. Rispetto ai dati 2011 si è anche considerato il maggiore gettito IMU (circa un punto di PIL), che viene mantenuto. Si aumenta inoltre l’IVA, ad esempio limitando i regimi ad IVA ridotta soltanto ai beni di prima necessità, ma questo aumento è già probabilmente in parte avvenuto nel corso del 2012: nel seguito si suppone che il gettito IVA si adeguerà alla media europea.
È auspicabile anche che si semplifichi il sistema fiscale, riducendo il numero di imposte e la burocrazia necessaria a pagarle. È inoltre opportuno ridurre l’IRPEF, soprattutto sui redditi medio-bassi, in modo da compensare la minore crescita delle pensioni dovuta al venir meno dell’indicizzazione all’inflazione. Le risorse per ridurre l’IRPEF possono essere trovate anche considerando che nel corso del 2012 sono aumentate altre tasse, quali le accise e le imposte sui capitali, e questi aumenti non sono registrati nella seguente tabella.
Inoltre si propone di eliminare le imposte eccezionali o discriminatorie, che peraltro producono un gettito limitato nel lungo termine, quali la Tobin Tax e la Robin Hood Tax.
La pressione fiscale si riduce meno della spesa pubblica perché si è imposto il pareggio di bilancio nel 2018.



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