Condividi
questa pagina
Scarica
capitolo completo
Leggi
e diffondi
Liberare l'Italia
Mercato del lavoro
Per creare nuova occupazione bisogna rendere più dinamico il mercato del lavoro e ridurre le imposte sui lavoratori.

Il problema
La gravissima crisi che sta colpendo l’economia italiana ha avuto pesanti ripercussioni anche sul mercato del lavoro. Sono stati i giovani a pagare il prezzo più alto in termini occupazionali, sul piano sia del numero di opportunità offerte sia della loro qualità. Un milione di giovani fino ai 34 anni ha perso il lavoro e i pochi nuovi ingressi nel mercato del lavoro sono avvenuti per lo più con tipologie contrattuali non standard; in questa fase di incertezza economica, peraltro, sempre meno di frequente si assiste a una loro stabilizzazione e al mancato rinnovo del contratto consegue la disoccupazione del lavoratore. Nella prima fase della crisi, la contrazione dei livelli occupazionali nella fascia di età dai 35 anni in su, prevalentemente occupati nella forma del lavoro subordinato, è stata invece parzialmente contenuta grazie alla riduzione delle ore lavorate e al massiccio utilizzo degli strumenti di cassa integrazione. L’elevato livello di disoccupazione dipende naturalmente dalla recessione nella quale l’Italia è precipitata, ma ha anche ragioni legate al nostro diritto del lavoro. La crisi ha infatti evidenziato i problemi di funzionamento del mercato del lavoro italiano, che in precedenza erano parzialmente compensati dalla crescita economica o comunque dall’andamento positivo dell’economia. In particolare, ha accentuato il dualismo che caratterizza il mercato del lavoro italiano e che vede contrapposti lavoratori iper-garantiti, i lavoratori subordinati a tempo indeterminato, a lavoratori atipici che godono di poche o nessuna tutela. Un dualismo che però può essere letto anche in un’ottica intergenerazionale e che è sintomatico dell’inadeguatezza del diritto del lavoro italiano rispetto alla nuova realtà che disciplina.
In Italia, il più importante freno alla creazione di nuova occupazione è il cuneo fiscale e contributivo del lavoro subordinato, dato dalla differenza fra il costo del lavoro sostenuto da datore di lavoro e la retribuzione netta percepita dal lavoratore; esso è particolarmente elevato (secondo i dati OCSE è pari al 47,6%, tra i più alti in Europa e ben 12,3 punti percentuali sopra la media OCSE del 35,3%) e penalizza fortemente le imprese italiane, perché riduce la produttività marginale dei lavoratori. Esso incide anche sulla scelta della forma contrattuale, aggravando pertanto il dualismo del mercato del lavoro, poiché varia a seconda che si tratti di lavoro subordinato o lavoro temporaneo.

La soluzione

Negli ultimi 15 anni sono stati fatti molti progressi nella regolamentazione del mercato del lavoro italiano, ma nondimeno questo resta un sistema rigido ed è stato ulteriormente irrigidito dalla recente riforma del lavoro: avevamo introdotto maggiore flessibilità in entrata – la possibilità per le imprese di assumere persone con contratti flessibili – ma con la riforma Fornero alcune forme contrattuali sono state abrogate, sono state irrigidite le condizioni per l’utilizzo di quelle mantenute in vigore e posti nuovi adempimenti burocratici, e il costo del lavoro per il contratto a termine ha subìto un innalzamento. Non è stata però introdotta altrettanta flessibilità in uscita e, per quanto possa sembrare paradossale, se le imprese non possono licenziare, sono più riluttanti ad assumere. Una delle prime misure da attuare è pertanto il ripristino delle disposizioni contenute nella “Legge Biagi”. Unitamente a ciò, si dovrà provvedere al completamento della Riforma Biagi attraverso l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (anche – o a maggior ragione – dopo la “Riforma Fornero”) per evitare che il sempre maggior ricorso alle forme flessibili sia strumento di elusione dei limiti al licenziamento.
Per favorire l’occupazione femminile è importante promuovere un cambiamento culturale che porti a un il riequilibrio nella distribuzione fra i genitori dei carichi familiari solitamente gravanti sulle donne. Inoltre, assicurare una maggiore offerta di servizi, per esempio una maggiore accessibilità agli asili nido, e semplificare le procedure per la creazione di asili nido aziendale.
Per quanto riguarda il capitolo previdenziale, è da riconoscere che la recente riforma ha permesso di raggiungere l’equilibrio del sistema previdenziale italiano fortemente a rischio a causa dell’invecchiamento demografico. Ma il modello a ripartizione, che ancora residua, è costruito sul principio della “solidarietà intergenerazionale” ed è finanziato attraverso la contribuzione che i lavoratori attivi versano allo Stato; in presenza di alti tassi di disoccupazione si pone nuovamente il problema di finanziare l’erogazione delle pensioni. È quindi anche la disoccupazione che altera l’equilibrio del sistema previdenziale e, come abbiamo visto, il costo del lavoro, nel quale rientrano i contributi previdenziali, è un fattore che incide pesantemente sulla capacità di creare occupazione. Per ridurre il cuneo fiscale e al contempo superare il dualismo del mercato del lavoro, bisogna ripensare il sistema pensionistico, completando la transizione verso un sistema a capitalizzazione individuale, in modo tale da ridurre i contributi richiesti ai lavoratori e ai datori di lavoro e renderli omogenei per i rapporti di lavoro autonomi e subordinati. Tale sistema non deve essere solamente nominativo ma deve superare la logica delle casse pubbliche, valorizzando al massimo il ruolo dei fondi pensione privati in concorrenza.

Istituto Bruno Leoni - via Bossi 1 - 10144 Torino -Tel. +39 0110702087 - info@brunoleoni.it